Se uno desidera imparare a dipingere, il fascino di un tubetto di colore ancora chiuso è enorme, e la tentazione di aprirlo per guardare il colore contenuto è fortissima. Specie se sono colori ad olio, che si presentano come molto corposi ed intensi cromaticamente
Pochi sanno quali macchine siano utilizzate per la preparazione degli colori ad olio, e forse meno ancora sanno che per fare a casa, da soli, dei colori ad olio di buona qualità in realtà sono richieste veramente poche cose di costo assai limitato. Con queste potrete ottenere modesti quantitativi, ma sufficienti a far comparire davanti agli occhi uno strato di colore, perfettamente uniforme, intensissimo, grande quanto due pagine di quaderno. Vi garantisco un forte impatto visivo, e grande soddisfazione. Anche perché macinando i colori, avrete il piacere di seguire i passi indicati più di cinque secoli fa da Cennino Cennini nel suo famosissimo Libro dell’arte, libro che troverete molto facilmente in libreria, e che vi consiglio di leggere. E leggerete in più passi quando descrive la macinazione di molti colori ogni volta insiste nell’avvisarvi che più macinerete il colore, più bello vi apparira’.
Ma la sapienza contenuta in quel libro è veramente immensa. E vi avverte che macinare ad oltranza non va bene sempre, e nel caso più interessante, la macinazione del lapislazuli (per ottenere lo splendido blu oltremare) prelevato in poche sperdute miniere di alta quota in Afganistan, vi avverte che se lo macinate troppo, il colore si ammala, perde potenza, e scompare nell’olio. Piccolo dramma, visto il costo della materia prima. Ma anche il grande lavoro di purificazione del prezioso colore mediante operazioni che vengono seguite anche oggi, e descritte punto per punto nel libro del Cennini. Compresa la finale spettacolare operazione di spremitura della pasta in acqua, con il colore che essuda e tinge sempre di più la acqua che raccoglie il colore.
Qualche parola introduttiva a questo capitoletto, ma anche per tutto quello che seguirà. Storicamente, da sempre, la persona tecnica che si occupa dei colori è un chimico, e con buone motivazioni. Per fare i pigmenti occorre conoscere la chimica e le reazioni necessarie, e conoscere la strumentazione per misurare gli spettri di assorbimento. Cose di competenza di un chimico.
Detto questo, è anche vero che i meccanismi della interazione tra luce e pigmenti dispersi nell’olio polimerizzato è più una roba da fisici. Io sono un fisico che ha lavorato sperimentalmente mediante tecniche di scattering. Con scattering si indica il processo per cui la luce che cade su superfici scabre, o attraversa liquidi o aeriformi che contengano materiale particolato, viene sparpagliata in varie direzioni.
E con lo scattering si spiega la osservazione fatta da Cennini che più si macina il pigmento, più vivo sarà il colore, ma anche perché possono esistere casi in cui il colore scompare “annegato” nell’olio. Ed infine, lo scattering spiega il meccanismo alla base delle miscele di colore, e di come la luce che esce dal quadro viene ‘tinta’ dalla deambulazione della luce dentro il materiale pittorico. Se tutto questo probabilmente sarebbe piaciuto a Cennini, mi sento autorizzato a tentare di scrivere qualcosa di interessante sui colori. E spero piaccia anche a voi.
Anticipo che in seguito faremo anche delle semplici osservazioni con rudimentali accrocchi che utilizzano un puntatore laser di bassa potenza per ottenere valutazioni semiquantitative dei diametri del materiale macinato, confrontandoli con osservazioni fatte su colori professionali. E premesso che i colori professionali difficilmente riuscirete a batterli, non ci andrete lontano . Di fatto, riuscirete a fare colori che ben si comparano con quelli usati ad esempio dagli impressionisti o da famosi pittori prima di loro. Ma con pazienza, forse anche meglio.
Ma torniamo ora al nostro progetto di macinare colori.
Come esempio, mostro in figura qui sotto un tipico pigmento che viene sovente utilizzato per dimostrazione, una ocra gialla, quindi una terra, un classico pigmento inorganico, di costo basso, assolutamente non pericolosa. Nella foto compaiono i pochi attrezzi necessari, e che verranno descritti qui sotto. Si noti il cambio di colore dovuto al fatto che il pigmento viene mescolato con l’olio siccativo, l’olio di lino
Fare i colori, significa mescolare intimamente i piccoli grani macinati di un pigmento con olio di lino. Fine. Ma il difficile è ” mescolare intimamente” l’olio e il pigmento. Ora molti pigmenti, specialmente i pigmenti organici sono già sotto forma di polveri impalpabili. E quindi la cosa è più semplice, se non fosse per il fatto che anche in quel caso si formano aggregati, che hanno la tendenza a non rompersi finemente, e quindi richiedono macinamento anche loro.
Altri, come le terre, si presentano come grani duri da sbriciolare, per questi la macinazione è più complessa. Ed è una vera e propria “macinazione”. Sono i colori a più basso costo e noi li useremo per alcune delle prove che che faremo a casa e con pochi oggetti. Vediamoli.
- Un piano di macinazione. Cioè una lastra piana, formato A4 almeno, ma suggerisco almeno il doppio. Va benissimo una lastra di vetro spessa, 6 mm almeno. E suggerisco di usarla lucida, per poter raccogliere bene con una spatola le piccole porzioni di impasto che vengono via via lavorate.
- Un macinello (muller). Si tratta di una specie di pestello in vetro temperato, tagliato nel punto più largo, in modo da avere una base a forma di disco piano di circa 5-7 centimetri di diametro. Questa base va lavorata finemente ruvida. Esistono di forma più raccolta (come in figura), o con un manico. Di vetro Pyrex, temprato. Anche la superficie del muller e veramente piana, e questo è essenziale per una buona macinazione. Per questo costano un po’.
- Un paio di spatole per impastare i pigmenti con olio di lino, e per movimentarlo sulla lastra.
Qualche parola in più è utile per il macinello. Che rimpiazza la complessa macchina usata commercialmente, La impastatrice a tre rulli controrotanti che passano la pasta del colore attraverso la sottile apertura aggiustabile tra coppie di rulli, e restringendo la apertura negli ultimi passaggi. Con il macinello si ottiene lo stesso processo, muovendolo sulla lastra, e mantenendo lo spessore di pasta sotto il più sottile possibile. Ma quale è lo spessore minimo che potete ottenere con il macinello? Domanda interessante se alla fine volete “macinare i colori a spessori veramente piccoli. Vediamo come possiamo capire quanto è buono il macinello, e come si compara con le macchine.
Mostro qui sotto il mio macinello, che a forza di macinazioni ha assunto una lievissima convessità, come necessariamente deve succedere. Per vederla, ho posto della pasta di colore lievemente diluita, una siena naturale, avendo avuto cura di macinare la pasta il più sottile possibile
Ecco cosa vedete! La pasta si confina principalmente sotto i bordi, mentre lo spessore al centro è veramente sottile, pressoché nullo. Sicuramente siamo a spessori dell’ ordine di pochi microns. Certo, su una superficie ridotta, confinata alla zona centrale , grosso modo della larghezza di una moneta da due euro o poco di più, ma con spessori di pasta veramente fini. Non mi stupirei di scoprire che la minima distanza tra i rulli di una macchina impastatrice non riesca a scendere a questi livelli. Grande rispetto per uno strumento manuale così semplice, ma estremamente accurato.
Come posso “macinare” con gli attrezzi sopra indicati?
Molto semplice. Mettete un cucchiaio scarso di pigmento in centro al piano di lavoro. Arrangiatelo a forma di cratere e mettete un bel po’ di gocce di olio di lino, e con la spatola rimestate il tutto. In modo da formare una pasta densa, che spostate poi su un bordo del piano. Da questo mucchietto prelevatene una punta con la spatola. Poi schiacciate la pasta sotto il muller mantenendolo in movimento rotatorio in modo da spalmare la pasta sempre più sottile. Se necessario, aggiungete una o due gocce di olio di lino. O se la pasta e ‘ troppo liquida , aggiungete pigmento. Andate per tentativi, è la maniera più semplice per procedere.
La macinazione avviene per scorrimento di taglio, letteralmemte facendo rotolare i grani di pigmento uno sull’altro. Esattamente come in un fiume impetuoso dove i sassi si macinano tra loro, e a valle trovate prevalentemente ghiaia.
Sentirete un rumore che sottolineerà che il macinamento è in atto. Noterete che dopo alcuni minuti il rumore diventerà a frequenza più alta, indice che la grana sta diminuendo.
Continuando, il rumore avrà frequenze sempre più alte sino quasi un fruscio finissimo, e alla fine silenzio completo. Il macinello scivola senza rumore.
Quando la pasta non fa più alcun rumore, lavoratela ancora in modo che copra la superficie sempre più grande possible. Scoprirete così che quando è tirata veramente molto sottile, potrete ancora macinarla più fine, e magari riuscirete a sentire di nuovo un lievissimo fruscio. Procedete assottigliando ancor di più, allargando la superficie coperta. Sottolineo che spalmare la sfoglia molto sottile è la unica maniera per ottenere buoni risultati. Muovere il macinello con sotto uno spessore non sottile, è fatica quasi sprecata. Per converso, se anche con uno spessore minimo possibile il macinello si muove agevolmente, vedrete che la pasta raccolta dalla spatola sarà sempre più lustra, e il colore molto intenso, come promesso dal Cennini.
La ocra gialla.
Riporto qui sotto una foto di una sfoglia sottile sulla lastra di macinazione, sotto la quale ho messo un foglio di carta nero, per valutare la trasparenza della sfoglia, e per guidarvi nella ricerca di spessori sempre più sottili.
Spiego ora come potrete fare una stima (grossolana) della grana del pigmento che state macinando.
Primo passo. Misurate la area della vostra sfoglia. In figura, grosso modo 200mmx 100mm= 20.000 millimetri quadri. Bene.
Secondo passo. Spatolate ora tutto il poco materiale contenuto nella sfoglia con una spatola a lama diritta e lunga, come mostrato nella prossima figura.
Si noti quanto poco materiale si raccoglie. Possiamo valutarne il volume. È lungo 50 mm, un rotolino semicilindrico, diciamo di diametro medio di circa 1.5 mm.
Fatti i conti, grossomodo 45 mm cubi.
Da qui lo spessore si ottiene dividendo il volume per l’area. La stima cha salta fuori è di qualche, pochi micron. E ragionevolmente è anche una stima del diametro dei grani.
Un altro colore. Blu oltremare.
Proviamo con un altro colore. Un blu, il blu oltremare, sintetico, che sostituisce l’antico, magico, costosissimo blu oltremare ottenuto macinando il lapislazuli.
Un pigmento agli antipodi rispetto al giallo ocra. Viene prodotto come una polvere molto fine, quasi impalpabile. Esiste in due tinte, rossa e verde.Qui scegliamo quella rossa. Un pigmento bellissimo, come mostrato nella figura qui sotto qui.
Anche qui notate il drastico cambio di colore quando il pigmento viene bagnato dall’olio. Aggiungo qui che in generale ogni pigmento reagisce in maniera differente, e richiede percentuali di olio diverse. Ma la differenza di comportamento durante la macinazione è la più notevole. Il blu oltremare, nonostante la grana finissima, crea problemi perché forma masse globulari dense, e diventa intrattabile. Tagliate queste masse a fettine sottili usando la spatola di taglio, e a poco a poco si ottengono masse viscose ma ben trattabili. Vedasi foto qui sotto.
Si noti la grande trasparenza del colore, che è di grande utilità anche nelle miscele.
Terra verde di Verona.
Infine, mostriamo un terzo colore, poco usato, una terra verde, proveniente da cave nel monte Baldo, vicino a Verona. A differenza dalla ocra gialla, è meno duro, e lo si nota durante la macinazione che risulta assai più agevole. E tra le due terre, è quello che sono riuscito a macinare più finemente, come vedremo nel secondo capitolo, nel quale parlerò dello scattering.
Riporto qui sotto una foto che fa vedere il pigmento, ancora dentro il contenitore di plastica. Che mostra un colore verde non intenso e non molto scuro. Nella foto vengono mostrate anche spatolate di colore macinato, colore lustro, molto scuro, verdescuro con toni olivastri. Molto trasparente. Ottimo per velature nei ritratti.
La pasta che vedete sopra, la ho poi macinata nuovamente, stendendo strati molto sottili, macinando piccolissime quantità di colore.
Riporto sotto altra immagine dopo questo raffinamento ulteriore.
Notate come il colore sia diventato più chiaro, e la pasta estremamente uniforme. Se fate ingrandimenti delle due immagini, prima e dopo la rifinitura, noterete che nell’immagine precedente nella parte spatolata a spessore quasi nullo, vedrete una granularità fina, ma chiaramente osservabile. Per contrasto, qui sopra, nella spatolata spessore che degrada, non si riesce ad apprezzare alcuna granulazione
Come vedremo nel prossimo capitolo, osservazioni sullo scattering portano a concludere che la dimensione dei grani della pasta raffinata è la minima che io ho ottenuto con il macinello.
Infine riporto qui sotto tre foto che ritengo interessanti, fatte con un piccolo obiettivo macro applicato al cellulare, ingrandimento 15x . Mostro tre immagini di una sottile lamina trasparente di colore, in pasta, schiacciata tra due lamine trasparenti. I campioni sono appoggiati su un foglio di carta, a righe larghe. L’illuminazione è la stessa.
La prima è relativa al pigmento mescolato con olio di lino, con la spatola, e prima della macinazione.
La seconda mostra una lamina di colore dopo una macinazione abbastanza accurata, ma senza ricorrere all’ultima lavorazione fina.
La terza foto mostra infine un ingrandimento della pasta dopo l’ultima lavorazione, quella dell’ultima foto qui sopra.
Tutte le foto sono state fatte con sovrapposto un filo di nylon, 130 micron di diametro, per dare un’idea delle dimensioni reali.
Colore non macinato: si notino grani isolati di dimensione massima stimata attorno a 50 – 70 microns, mescolati con materiale di dimensione nettamente inferiore e non risolta. Colore assai pallido.
Colore macinato: si noti come il diametro dei grani più grossi sia diminuito, la pasta sia ora più omogena, e soprattutto come il colore sia un po’ più intenso.
Vediamo ora cosa succede se macino ulteriormente.
Dopo i raffinamento finale, la pasta ora è molto fina e non si nota nessun grano come nelle precedenti. Notevole anche il cambio cromatico. Chiamare questo un verde e basta è difficile. Sembra che la tinta riveli note calde, lievemente verso il rosso. Un chiaro esempio di come la grana del macinato abbia apprezzabili ripercussioni su come funzionano i colori ad olio.
Incidentalmente riporto che i colori ad olio fatti con le terre, e prodotti professionalmente, di solito presentano una grana abbastanza chiaramente osservabile, e sono almeno parzialmente coprenti. La pasta nella ultima foto è al contrario più fine e risulta quasi trasparente.
Nel prossimo capitolo parleremo dello scattering e mostreremo come si possono spiegare molte delle cose osservate in questo capitolo. E useremo un puntatore laser per eseguire grossolane osservazioni dello scattering da campioni di colore fortemente diluito in olio, e da queste trarre valutazioni semi-quantitative della grana del colore macinato.
Fine primo capitolo.
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